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          Se non che, da tre giorni...

          Che sarà accaduto? La moglie ha gli occhi gonfii e rossi di pianto; accusa un forte mal di capo; non vuole uscir di camera.

          - Eh, gioventù!... gioventù!... - sospira il professor Toti, scrollando il capo con un risolino mesto e arguto negli occhi e sulle labbra. - Qualche nuvola... qualche temporaletto...

          E con Ninì s'aggira per casa, afflitto, inquieto, anche un po' irritato, perché... via, proprio non si merita questo, lui, dalla moglie e da Giacomino. I giovani non contano i giorni: ne hanno tanti ancora innanzi a sé... Ma per un povero vecchio è grave perdita un giorno! E sono ormai tre, che la moglie lo lascia così per casa, come una mosca senza capo, e non lo delizia più con quelle ariette e canzoncine cantate con la vocetta limpida e fervida, e non gli prodiga più quelle cure, a cui egli è ormai avvezzo.

          Anche Ninì è serio serio, come se capisca che la mamma non ha testa da badare a lui. Il professore se lo conduce da una stanza all'altra, e quasi non ha bisogno di chinarsi per dargli la mano, tant'è piccolino anche lui; lo porta innanzi al pianoforte, tocca qua e là qualche tasto, sbuffa, sbadiglia, poi siede, fa galoppare un po' Ninì su le ginocchia, poi torna ad alzarsi: si sente tra le spine. Cinque o sei volte ha tentato di forzar la mogliettina a parlare.

          - Male, eh? ti senti proprio male?

          Maddalenina seguita a non volergli dir nulla: piange; lo prega di accostar gli scuri del balcone e di portarsi Ninì di là: vuole star sola e al bujo.

          - Il capo, eh?

          Poverina, le fa tanto male il capo... Eh, la lite dev'essere stata grossa davvero!

          Il professor Toti si reca in cucina e cerca d'abbordar la servetta, per avere qualche notizia da lei; ma fa larghi giri, perché sa che la servetta gli è nemica; sparla di lui, fuori, come tutti gli altri, e lo mette in berlina, brutta scema! Non riesce a saper nulla neanche da lei.

          E allora il professor Toti prende una risoluzione eroica: reca Ninì dalla mamma e la prega che glielo vesta per benino.

          - Perché? - domanda ella.

          - Lo porto a spassino, - risponde lui. - Oggi è festa... Qua s'annoja, povero bimbo!

          La mamma non vorrebbe. Sa che la trista gente ride vedendo il vecchio professore col piccino per mano; sa che qualche malvagio insolente è arrivato finanche a dirgli: - Ma quanto gli somiglia, professore, il suo figliuolo!

          Il professor Toti però insiste.

          - No, a spassino, a spassino...

          E si reca col bimbo in casa di Giacomino Delisi. Questi abita insieme con una sorella nubile, che gli ha fatto da madre. Ignorando la ragione del beneficio, la signorina Agata era prima molto grata al professor Toti; ora invece - religiosissima com'è - lo tiene in conto d'un diavolo, né più ne meno, perché ha indotto il suo Giacomino in peccato mortale.

          Il professor Toti deve aspettare un bel po', col piccino, dietro la porta, dopo aver sonato. La signorina Agata è venuta a guardar dalla spia ed è scappata. Senza dubbio, è andata ad avvertire il fratello della visita, e ora tornerà a dire che Giacomino non è in casa.

          Eccola. Vestita di nero, cerea, con le occhiaje livide, stecchita, arcigna, appena aperta la porta, investe, tutta vibrante, il professore.

          - Ma come... scusi... viene a cercarlo pure in casa adesso?... E che vedo! anche col bambino? ha condotto anche il bambino?

          Il professor Toti non s'aspetta una simile accoglienza; resta intronato; guarda la signorina Agata, guarda il piccino, sorride, balbetta:

          - Per... perché?... che è?... non posso... non... posso venire a...

          - Non c'è! - s'affretta a rispondere quella, asciutta e dura. - Giacomino non c'è.

          - Va bene, - dice, chinando il capo, il professor Toti. - Ma lei, signorina... mi scusi... Lei mi tratta in un modo che... non so! Io non credo d'aver fatto né a suo fratello, né a lei...

          - Ecco, professore, - lo interrompe, un po' rabbonita, la signorina Agata. - Noi, creda pure, le siamo... le siamo riconoscentissimi; ma anche lei dovrebbe comprendere...

          Il professor Toti socchiude gli occhi, torna a sorridere, alza una mano e poi si tocca parecchie volte con la punta delle dita il petto, per significarle che, quanto a comprendere, lasci fare a lui.

          - Sono vecchio, signorina, - dice, - e comprendo... tante cose comprendo io! e guardi, prima di tutte, questa: che certe furie bisogna lasciarle svaporare, e che, quando nascono malintesi, la miglior cosa è chiarire... chiarire, signorina, chiarire francamente, senza sotterfugi, senza riscaldarsi... Non le pare?

          - Certo, sì... - riconosce, almeno così in astratto, la signorina Agata.

          - E dunque, - riprende il professor Toti, - mi lasci entrare e mi chiami Giacomino.

          - Ma se non c'è!

          - Vede? No, Non mi deve dire che non c'è. Giacomino è in casa, e lei me lo deve chiamare. Chiariremo tutto con calma... glielo dica: con calma! Io sono vecchio e comprendo tutto, perché sono stato anche giovane, signorina. Con calma, glielo dica. Mi lasci entrare.

          Introdotto nel modesto salotto, il professor Toti siede con Ninì tra le gambe, rassegnato ad aspettare anche qua un bel pezzo, che la sorella persuada Giacomino.

          - No, qua Ninì... buono! - dice di tratto in tratto al bimbo, che vorrebbe andare a una mensoletta, dove luccicano certi gingilli di porcellana; e intanto si scapa a pensare che diamine può essere accaduto di così grave in casa sua, senza ch'egli se ne sia accorto per nulla. Maddalenina è così buona! Che male può ella aver fatto, da provocare un così aspro e forte risentimento, qua, anche nella sorella di Giacomino?

          Il professor Toti, che ha creduto finora a una bizza passeggera, comincia a impensierirsi e a costernarsi sul serio.

          Oh, ecco Giacomino finalmente! Dio, che viso alterato! che aria rabbuffata! Eh come? Ah, questo no! Scansa freddamente il bambino che gli è corso incontro gridando con le manine tese:

          - «Giamì! Giamì!».

          - Giacomino! - esclama, ferito, con severità, il professor Toti.

          - Che ha da dirmi, professore? - s'affretta a domandargli quello, schivando di guardarlo negli occhi.

          - Io sto male... Ero a letto... Non sono in grado di parlare e neanche di sostener la vista d'alcuno...

          - Ma il bambino?!

          - Ecco, - dice Giacomino; e si china a baciare Ninì.

          - Ti senti male? - riprende il professor Toti, un po' racconsolato da quel bacio. - Lo supponevo. E son venuto per questo. Il capo, eh? Siedi, siedi... Discorriamo. Qua, Ninì... Senti che «Giamì» ha la bua? Sì, caro, la bua... qua, povero «Giami»... Sta' bonino; ora andiamo via. Volevo domandarti - soggiunge, rivolgendosi a Giacomino, - se il direttore della Banca Agricola ti ha detto qualche cosa.

          - No, perché? - fa Giacomino, turbandosi ancor più.

          - Perché jeri gli ho parlato di te, - risponde con un risolino misterioso il professor Toti. Il tuo stipendio non è molto grasso, figliuol mio. E sai che una mia parolina...

          Giacomino si torce su la sedia, stringe le pugna fino ad affondarsi le unghie nel palmo delle mani.

          - Professore, io la ringrazio, - dice, - ma mi faccia il favore, la carità, di non incomodarsi più per me, ecco!

          - Ah sì? - risponde il professor Toti con quel risolino ancora su la bocca. - Bravo! Non abbiamo più bisogno di nessuno, eh? Ma se io volessi farlo per mio piacere? Caro mio, ma se non debbo più curarmi di te, di chi vuoi che mi curi io? Sono vecchio, Giacomino! E ai vecchi - badiamo, che non siano egoisti! - ai vecchi, che hanno tanto stentato, come me, a prendere uno stato, piace di vedere i giovani, come te meritevoli, farsi avanti nella vita per loro mezzo; e godono della loro allegria, delle loro speranze, del posto ch'essi prendono man mano nella società. Io poi per te... via, tu lo sai... ti considero come un figliuolo... Che cos'è? Piangi?

          Giacomino ha nascosto infatti il volto tra le mani e sussulta come per un impeto di pianto che vorrebbe frenare.

          Ninì lo guarda sbigottito, poi, rivolgendosi al professore, dice:

          - «Giamì, bua»...

          Il professore si alza e fa per posare una mano su la spalla di Giacomino; ma questi balza in piedi, quasi ne provi ribrezzo, mostra il viso scontraffatto come per una fiera risoluzione improvvisa, e gli grida esasperatamente:

          - Non mi s'accosti! Professore, se ne vada, la scongiuro, se ne vada! Lei mi sta facendo soffrire una pena d'inferno! Io non merito codesto suo affetto e non lo voglio, non lo voglio... Per carità, se ne vada, si porti via il bambino e si scordi che io esisto!
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6 FMMortaroli picture FMMortaroli Sat 20 Apr, 2013 15:30:47 +0000